Gli alunni di origine straniera nelle classi italiane. Due episodi recenti
Due episodi opposti, ma altrettanto significativi, sulla condizione attuale dell' inclusione degli studenti stranieri nei nostri percorsi didattici.
Il primo, ossia la denuncia portata avanti da Scuolemigranti (https://www.orizzontescuola.it/a-roma-porte-chiuse-per-gli-studenti-stranieri-la-scuola-diventa-un-miraggio-per-molti-adolescenti/), testimonia la non rara tendenza a escludere a monte l'ingresso nelle nostre scuole di studenti di provenienza non italiana - forse perché visti come forieri di complicazioni non richieste nel quadro dei bisogni educativi di una classe, perché potenzialmente alunni 'difficili', o peggio ancora perché - secondo il peggior genere di pregiudizio classista e razzista - agli occhi delle famiglie 'che contano' la loro presenza potrebbe "rovinare l'ambiente" nella classe dei loro figli.
Ed è proprio il medesimo pregiudizio che forse, almeno in parte, sta alla base del secondo episodio di cui dovremmo tenere conto: a Fondi, nel Lazio, moltissime famiglie hanno scelto di ritirare i loro figli da classi in cui più del 50% degli alunni era di origine straniera (https://www.latinatoday.it/attualita/fondi-caso-alunni-stranieri-scuola.html).
Resta, al di là del deprecabile pregiudizio di cui sopra, un problema di fondo abbastanza spinoso ma di cui è necessario parlare senza peli sulla lingua e con tutta la serietà e l'attenzione possibile. Ossia quale sia il modo migliore per gestire l'inserimento e la ripartizione nelle classi di alunni di provenienza straniera che, in non pochi casi, avranno dei bisogni educativi specifici da tenere in considerazione per il loro successo formativo.
Se è chiaro che l'idea di 'classi-ghetto' non può che portare ad un'inevitabile aumento della difficoltà di integrazione (e francamente stupisce che tale idea venga ancora riproposta, persino dal Ministro dell'Istruzione - https://ilmanifesto.it/valditara-studenti-di-origine-straniera-nelle-classi-differenziali ), allo stesso tempo bisogna chiedersi se distribuire l'inserimento degli alunni con un particolare svantaggio linguistico evitandone una concentrazione eccessiva in poche classi non possa essere, effettivamente, una soluzione necessaria affinché i docenti possano agire in modo personalizzato su ciascuno di loro con più efficacia, e l'inclusione tra pari possa avvenire in modo più semplice e naturale.
Naturalmente la responsabilità della formazione degli studenti stranieri non finisce, ma semmai inizia, con la discussione sul modo migliore di gestire il loro ingresso nelle classi. Poi si entra nel campo delle azioni didattiche necessarie per il loro pieno successo formativo - e dovremmo chiederci se la scuola italiana, statale e paritaria, sia oggi attrezzata in tal senso o in che direzione sarebbe opportuno muoverci.
L'ultimo decreto Scuola mi sembra aver colto nel segno sotto alcuni aspetti (malgrado il giudizio di chi scrive sull'attuale ministro dell'Istruzione non sia affatto positivo). L'opportunità di corsi di potenziamento linguistico pomeridiani e di finanziare un maggior numero di insegnanti di sostegno con una formazione specifica sembra remare verso la direzione giusta, anche se tutto ciò è ancora largamente insufficiente: https://www.orizzontescuola.it/dl-scuola-le-novita-in-arrivo-specializzazione-sostegno-potenziamento-linguistico-per-studenti-stranieri-e-riforma-del-cspi-bozza/
Come valutare, insomma, la situazione attuale, sia riguardo l' 'ingresso' sia riguardo le le misure di accompagnamento e formazione degli studenti stranieri nelle classi italiane? Verso quali approcci dovremmo muoverci?